La geologia della valle del Turano

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INTRODUZIONE – 250 M.a. (Milioni di anni fà)

Al termine dell’era paleozoica (250 Ma), la Terra aveva un aspetto completamente diverso da quello attuale. Le terre emerse erano riunite in un unico supercontinente chiamato “Pangea”, circondato da un mare che ricopriva il resto del globo. Ad Est della Pangea si apriva un enorme golfo, la “Paleotetide” con profondi fondali.

Per poter comprendere meglio la diversità dell’aspetto della Terra nelle diverse epoche geologiche, è utile ricordare la cosiddetta “Teoria della Tettonica delle Placche”, secondo cui la parte più esterna della Terra (litosfera) è divisa in un certo numero di grandi placche e da altre più piccole. Le catene montuose sono l’espressione delle tensioni create dallo scontro tra le placche.

GEOLOGIA DELLA VALLE DEL TURANO

La Valle del Turano (circa 535 m s.l.m.) si sviluppa in direzione NW-SE al margine occidentale della dorsale appenninica, al confine con l’Abruzzo; essa è attraversata dal fiume omonimo che dopo il fiume Velino rappresenta il più importante corso d’acqua della Sabina, il quale nasce in prossimità dell’area industriale di Carsoli (AQ) dove due piccoli corsi d’acqua confluiscono generando il fiume Turano: il primo ramo è costituito dal Fosso Secco, proveniente dalla Valle del Fiojo, che all’altezza della Piana del Cavaliere prende il nome di Fosso Cammarano, il secondo è alimentato da alcune sorgenti poste al Valico di Monte Bove (1220 m). L’orografia del tratto vallivo, che ospita il Lago del Turano, è caratterizzata a Ovest dalla dorsale di M. Faito (1221 m) – Colle Lepre – Rocca Pennino – Muro Pizzo appartenente ai Monti Lucretili (settore dei Monti Sabini) e a Est dalla dorsale M.Cervia (1430 m) – M.Navegna (1508 m) del gruppo dei Monti Carseolani.

La storia geologica della Valle del Turano rientra in quella più generale e articolata della catena appenninica centrale, la quale costituisce una fascia crostale intensamente deformata in seguito a diverse fasi tettoniche di età neogenica sviluppatesi come conseguenza dello scontro tra la Placca Africana e quella Europea. Le fasi tettoniche che hanno interessato questo settore sono state dapprima di tipo compressivo (Miocene sup./Pliocene inf., 12-3 Ma), con la conseguente formazione di rilievi. A partire dal Pliocene inferiore-medio la catena appena strutturata è stata interessata da un intensa fase tettonica distensiva, con la formazione di numerose faglie dirette che hanno ribassato ampi settori della catena. Ne sono derivate una serie di depressioni morfologiche (valli e conche intramontane) che nel Pliocene superiore-Quaternario hanno raccolto grossi depositi di materiali terrigeni (fluviali, lacustri, alluvionali, ecc.), come il caso della Valle del Turano.

Varco (7)In questo settore dell’Appennino vengono a contatto due antichi domini paleogeografici, difatti la zona sabina viene chiamata zona di transizione tra questi due domini: un tratto del margine occidentale della Piattaforma carbonatica laziale-abruzzese (rilievi carbonatici dei Monti Carseolani e del gruppo montuoso del Monte Nuria) e un settore di raccordo della scarpata con il bacino pelagico umbro (Sabina occidentale). Il contatto tra questi due domini è determinato da una profonda linea tettonica con direzione circa N-S chiamata linea Olevano-Antrodoco. Questa linea tettonica, chiamato anche sovrascorrimento, è il risultato della tettonica compressiva che provoca un accavallamento di vari blocchi di crosta affastellati in grandi scaglie una sopra l’altra. Con il passare del tempo quindi si sono create catene parallele di monti da ovest verso est allineati secondo una direzione NW-SE. Questo sovrascorrimento di importanza regionale è possibile notarlo lungo le pendici orientali del Monte Cervia, un lungo rilievo asimmetrico formato da calcari e calcari marnosi di età compresa tra l’Eocene e il Miocene medio. Osservando il versante occidentale della Valle del Turano si nota che la parte inferiore del pendio è meno acclive e dalle forme più dolci, questa morfologia corrisponde infatti all’affioramento di torbiditi arenaceo-pelitiche (un tipo di materiale più erodibile), mentre nella parte alta del versante, ben più ripida e con forme più aspre, affiorano calcari e marne (Formazione di Guadagnolo e dei Calcari a Briozoi e Litotamni); questa rottura di pendio è la testimonianza del contatto tettonico sopracitato (Linea Olevano-Antrodoco). Altri sovrascorrimenti che marcano nette rotture di pendio, analoghe a quelle del Monte Cervia, sono presenti nei pressi di Castel di Tora (figura precedente), Monte Navegna (foto precedente) e Monte Aquilone.

Turano (1)La Valle del Turano, prima molto ampia e scavata in gran parte in marne e calcari marnosi, si fa bruscamente stretta e profonda, incisa in rocce calcaree. E’ proprio con lo sbarramento di questa stretta gola dalle pareti a picco, che hanno fornito solide spalle per la diga, che si è realizzato il lago artificiale del Turano. La diga del Turano fu finita nel 1939 dalla società Terni, è alta 80 metri, costruita in calcestruzzo, di tipo a gravità massiccia con pianta leggermente arcuata.

28Le acque del lago artificiale sono utilizzate per la produzione di energia elettrica, tramite gallerie di derivazione che, dopo aver raggiunto 9 km a NE l’analogo serbatoio del Lago del Salto, convogliano circa 30 m3/s verso la centrale idroelettrica di Cotilia. La capacità dei due invasi artificiali del Turano e del Salto è rispettivamente di 150 e 270 milioni di m3. La portata del Turano a valle dello sbarramento di Posticciola è dell’ordine di 1 m3/s, corrispondente approssimativamente al rilascio artificiale della diga, mentre la sua estensione è di circa 85 km e occupa una superficie di circa 650 km2. A valle della diga, fino a Rocca Sinibalda, il fiume Turano scorre entro una gola profondamente incisa, per poi riprendere un corso lineare nella valle che si allarga progressivamente fino allo sbocco nella Piana Reatina. Il Fiume Turano dopo aver percorso la valle omonima per circa 45 km, con un dislivello di 1524 metri, raggiunge il Fiume Velino in località Terria, nella Piana Reatina. Il Fiume Velino a sua volta, attraverso le Cascate delle Marmore, alimenta le acque del Fiume Nera che confluiscono nel Fiume Tevere.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Guida Geologica Regionale (Lazio), Società Geologica Italiana – BE-MA Editrice
Carta Geologica d’Italiascala 1:100.000: F.144 Palombara Sabina, F.145 Avezzano

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